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Nel primo Novecento il romanzo continua a dominare, ma non è più mosso dalla ossessiva ambizione di "registrare" oggettivamente la realtà, nel tentativo di classificare i dati su base scientifica; bensì come strumento per indagare la crisi della logica del quotidiano. La fenomenologia del romanzo novecentesco risulta assai variegata e complessa, ma il problema di fondo è la ricerca di una scrittura, che riesca ad illuminare le zone oscure della psiche umana e del mondo. In questo senso La coscienza di Zeno (1923) di Italo Svevo (1861-1928) è di sicuro uno dei capisaldi del modernismo europeo. Gli stessi temi che riguardano la crisi della modernità vengono affrontati anche da Luigi Pirandello (1867-1936). Solo dopo la fine della Seconda guerra mondiale, in Italia si assiste al fiorire di una letteratura davvero nazionale in grado di raccontare e rappresentare tutte le molteplici "Italie" sconosciute. Le speranze di Pavese sembrarono realizzarsi negli anni '50 quando il movimento neorealista, secondo quanto scriveva Calvino, configurandosi come un «insieme di voci, in gran parte periferiche», guidò gli italiani alla «molteplice scoperta delle diverse Italie».